“Ho riferito dell'esito del lavoro di
questi giorni che non hanno portato a un esito risolutivo. Ho spiegato
le ragioni e illustrato gli elementi di comprensione anche positivi
attorno ad alcuni
punti” ma ho “descritto anche le difficoltà derivate da delle preclusioni o condizioni che non ho ritenuto accettabili”. Si è congedato così Pierluigi Bersani dall’incarico esplorativo. Tutto da rifare, l’uomo del Colle ha detto no. Dalle voci, all’assenza dei numeri, fino all’ufficialità messa nero su bianco dal Colle.
La corsa di Pierluigi Bersani finisce alle 19:15 di un lunghissimo pomeriggio, quando dal portone dello studio ‘alla Vetrata’, dopo un ora e un quarto di colloquio serrato, Donato Marra, il segretario generale del Quirinale, legge il verdetto: “L’esito delle consultazioni di Bersani non sono risultate risolutive”.
Tre righe, una bocciatura secca. Questo matrimonio non s’ha da fare. Le
parole dette la scorsa settimana sono state confermate questo
pomeriggio: no ad un incarico senza una maggioranza certificata. Bersani
è giunto al Colle senza quelle certezze che gli aveva chiesto di
rincorrere al Senato.
Strano destino
quello del segretario del Pd. Per due volte nel giro di un mese è
entrato papa all’appuntamento decisivo ed è uscito cardinale. Naufraga così il progetto portato avanti durante la breve vita del premier in pectore: un governo politico che avrebbe dovuto poggiare su una piattaforma per punti, pochi, otto. E una ‘convenzione’
tra tutte le forze parlamentari per affrontare quella riforma
costituzionale discussa da circa vent’anni. L’idea non ha trovato
ristoro. E in questo Napolitano non ha voluto azzardare quel rischio che
forse andava cercando Bersani: il lascia passare.
NESSUN INDUGIO - E adesso cosa succederà? Difficile dirlo. Un’unica certezza, il capo dello Stato vuol fare in fretta: “Il
presidente della Repubblica – ha sottolineato Marra – si è riservato di
prendere senza indugio iniziative che gli consentano di accertare
personalmente gli sviluppi del quadro politico-istituzionale”.
La strada più battuta in questo momento parla di un governo del
presidente. In pratica un esecutivo di responsabilità nazionale a cui si
appellerebbe il numero uno del Quirinale. Una chiamata rivolta a tutte
le forze presenti in Parlamento, che vada a dar fattezza a quel piano B entrato prepotentemente nel dibattito politico in corso. Semmai mettendo in sella già nella mattinata di domani, Pietro Grasso, la seconda carica dello stato. L’ex procuratore nazionale antimafia, che nel pomeriggio è stato più che esplicito: “Questo Paese ha bisogno di un governo a tutti i costi per ripartire”. Quello di Bersani o il ‘suo’. Pochi minuti, gli ultimi e i nodi saranno tutti sciolti.
Nessun commento:
Posta un commento